Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Aralda Portioli Fornasari (luglio 1915- febbraio 2009)

Aralda Portioli Fornasari (luglio 1915- febbraio 2009)

 

Venerdì 6 febbraio si è spenta Aralda Portioli, per tutti la “signora Fornasari”.

Aralda nasce a Suzzara (Mantova) il 22 luglio 1915. Il padre è fornaio in una cooperativa, la madre stiratrice per le signore. La famiglia è anarchica, come indicano i nomi dei figli: Ardito, Olimpia, Aurora, Ribelle Spartaco, Baldo Balilla, Germinal, Aralda Ardita, Alba Libera, Tania Tebea, Ardo.

I nomi indicano il tempo (la grande speranza di una rivoluzione sociale che cambi il mondo) e la regione (siamo al confine con l’Emilia anticlericale, centro di cooperative e lotte contadine).

Aralda assiste, da bambina, alle violenze fasciste contro le cooperative, le sedi socialiste e comuniste, i militanti politici. Fra questi anche il padre che rischia la vita. I Portioli sono costretti a cambiare paese.

I fascisti erano da poco al potere e avevano già cominciato ad ammazzare la gente. E’ proprio nella loro natura.

L’intreccio tra le speranze generate dalla rivoluzione sovietica, la certezza che fosse possibile cambiare il mondo, la convinzione che in quel lontano paese governassero per la prima volta (sappiamo quanto, purtroppo, non fosse vero!) operai e contadini, cozza rovinosamente contro l’affermazione del fascismo, che nel paese significa bastonate, olio di ricino, anche un assassinio.

Gli oppositori (socialisti, comunisti, anarchici…) esistono ancora, ma non hanno espressione.

Nel 1937, Aralda sposa Desiderio Fornasari (classe 1912) che vive nel comune confinante, Luzzara, sul Po, patria del grande Cesare Zavattini. Il marito nel ’38, poi nel ’39, è richiamato militare.Nel ’40 è in Albania nella campagna militare contro la Grecia. Per malattia è ricoverato in ospedale e rimandato al comando di Imperia. Rientra quindi a Luzzara. L’Italia è ormai divisa in due, l’occupazione tedesca è pesante, la resistenza paga con diciotto fucilati (i martiri di Luzzara).

Alla Liberazione, rinascono cooperative è partiti, soprattutto il Partito comunista che raccoglie il grande desiderio di cambiamento e l’entusiasmo per le vittorie dell’esercito sovietico.

La situazione è drammatica: C’era tanta miseria, mancava il lavoro, in campagna lavorava solamente qualche affittuario…in piazza sui muriccioli erano seduti gli operai che non avevano lavoro.

Dal 1946 al ’51, Desiderio Fornasari è sindaco comunista del comune. Mille impegni, realizzazioni, tante privazioni anche per la famiglia: Allora vivevamo con niente, grazie anche a qualche aiuto di mio padre. Tanti sacrifici. Abbiamo venduto anche un pezzo della casa. Avevamo due figli…

Dal ’51 un lavoro per tirare avanti la famiglia, poi Desiderio diventa rappresentante di prodotti agricoli. Nel ’62 il trasferimento in provincia di Cuneo e la scelta di Boves come residenza.

Il passaggio dall’”Emilia rossa” alla provincia bianca e cattolica non è semplice: Non è stato facile lasciare i nostri paesi, gli amici, i familiari, a cinquant’anni di età. Da noi la gente è più aperta. Si stava di più in gruppo. Qui le persone sono più diffidenti. La difficoltà maggiore è stata quella del dialetto. Non lo capisco neppure oggi.

Cessa l’impegno politico diretto, ma spirito, idee, ideali, carattere restano invariati. Nel 1975 alcuni giovani (allora) aprono a Boves, in corso Trieste, la sede (una stanza) del Collettivo di Democrazia Proletaria. Per combinazione è al piano terra del palazzone in cui abitano i Fornasari. Aralda è quasi onorata di avere “un partito”vicino di casa, di vedere giovani che vanno, vengono, lavorano, discutono. Ci racconta della sua terra, ci confessa la rabbia per il fatto che a Boves non si celebri il primo maggio, accenna all’impegno amministrativo del marito.

Questo spirito mantiene anche negli ultimi anni, nonostante la vecchiaia e i tanti cambiamenti sociali e politici (quasi tutti negativi) e le molte amarezze: Sono figlia di un grande comunista, vuoi che non sia più comunista? Anche tutta la mia famiglia non ha mai cambiato idea…Oggi tutto è annacquato. Una volta si metteva l’anima. La politica oggi è una grande confusione. E’ tutta un’altra cosa.

In nome di questo dolore, ma anche di questa volontà, vogliamo ricordarla e salutare il marito Desiderio e il figlio Diego che hanno deciso di non tenere funerali pubblici, ma di salutarla solo privatamente.  E’ il ricordo di una persona onesta, coerente, schietta; non è retorico dire che se ne va con lei un pezzo di storia del nostro comune, ma anche di una generazione che ha sognato un mondo diverso e più giusto e ha sofferto per gli egoismi, gli individualismi, gli opportunismi e la volgarità che ci hanno sommersi.

Ciao, Aralda, noi proveremo ancora a metterci l’anima.

Sergio Dalmasso

 

P. S. Le citazioni sono frutto dell’intervista fatta ad Aralda e pubblicata nel settembre 2006 sul quaderno n. 33 del CIPEC: Comunisti/e a Boves. E’ disponibile presso le biblioteche di Boves e Cuneo. Io ne ho ancora alcune (poche) copie. Ovviamente gratuite.

S. D.